La percezione della bellezza crea salute
 

«Ci deve essere qualcosa di primitivo e urgente nella nostra ricerca di una bella forma e di un bel colore, per non parlare della bellezza», scriveva Richard Neutra.

Cos’è la bellezza? E a cosa serve? si chiede il genere umano da secoli e millenni. Dal I secolo a.c. nel De architectura di Vitruvio, sentiamo parlare di bellezza (Venustas). Secondo gli Elleni kalòs kai agathòs, bello è anche buono”, in unequazione assoluta tra i due termini. Per Platone, il Bello è lo splendore del Vero e Kant era convinto che fosse il simbolo del bene etico. Lantichità classica era ossessionata dal concetto: era una delle tre pietre fondamentali dellarchitettura.

Scomparsa della bellezza. Fu con la rivoluzione industriale che la parola “bellezza” scomparve dalla teoria dellarte: Picasso non ne parlò mai, l’Orinatoio di Duchamp venne considerata l'opera d'arte più influente del XX secolo che separò definitivamente il legame tradizionale fra valore intrinseco e semantico. E Freud affermava che ciascuno di noi la percepisce in modo assai diverso. Difficilmente ciò che era funzionale era anche bello e dal XX secolo in poi si predilesse il primo aspetto. Larchitettura fece tabula rasa secondo lerronea convinzione che i gusti fossero opzioni soggettive influenzabili. Gli architetti «hanno cancellato con un tratto di penna il piacere che procurano lornamento, la luce naturale e la misura umana, costringendo milioni di uomini e donne a vivere in squallide case di cemento» (Pinker). E infatti già negli anni 20 serpeggiava apprensione perché la popolazione non si entusiasmava per i nuovi materiali come il cemento e le forme semplificate dei progetti.
In questo contesto, qualche decennio dopo, gettava le basi la psicologia ambientale, che, se ancora non parlava di bellezza, era di certo centrata sul benessere delle persone che interagiscono con gli spazi intorno a loro.

Architettura e natura. Poiché non si può disgiungere larchitettura dalla salute, è auspicabile rieducare i progettisti al discorso classico. E perché lambiente naturale non può essere sostituito dallambiente soggettivo di chi lo progetta. Il nostro cervello anatomicamente non è cambiato granché negli ultimi 200.000 anni, forse un milione: abbiamo il medesimo dellHomo Erectus, predecessore delluomo di Neanderthal. Non possiamo ignorare che per milioni di anni l’essere umano ha vissuto nella savana e ha conseguenti inclinazioni biologiche: un innato gradimento per tali terreni del nostro periodo di cacciatori e raccoglitori, paesaggi ricchi di acqua, che è una necessità primaria, gruppi di alberi con ampie chiome, terreno libero da impedimenti visivi per difendersi dagli animali pericolosi, luoghi che offrono sia vista sia rifugio e così via. Colleghiamo le sensazioni piacevoli di bellezza nel guardare un paesaggio alle condizioni ambientali favorevoli alla nostra sopravvivenza biologica.

Ugualmente l’ambiente costruito deve rispettare quelli che sono i princìpi di madre natura e oggi sappiamo che ha dei parametri oggettivi anche di bellezza: la sezione aurea per citarne uno. È dimostrato che la piacevolezza del rettangolo aureo è intrinseca alla sua forma. Le opere d’arte che utilizzano la proporzione aurea producono “configurazioni di attivazione cerebrale” diverse dalle altre. (Con questo approccio Gustav Fechner ha dato origine alla psicologia estetica.) Non per niente il numero aureo è definito come la rappresentazione matematica del rapporto tra Dio e luomo.

Bellezza, soggettività e conservazione della specie. Ma la bellezza non è quindi soggettiva? È sì soggettiva, qualcosa di individuale, che modifichiamo con le esperienze e con la cultura. Freud, che paragonava la mente alla casa e parlava di architettura psicologica e fondamenta della psiche, ha analizzato la bellezza da un punto di vista psicoanalitico, affermando che, a causa di credenze e vissuti infantili rimossi ma attivi sotto forma di sintomi, la bellezza viene percepita in modo soggettivo. Questo è il motivo per cui proviamo emozioni discordanti che vanno dalla repulsione per unopera sublime, fino alla sindrome di Stendhal con disturbi psichici come svenimento e allucinazioni per un eccesso di coinvolgimento dei sensi.
Allo stesso tempo la bellezza è oggettiva biologicamente, un parametro innato, che viene regolato dal cervello. È stato Darwin a far entrare la bellezza nellequazione biologica con gli altri aspetti della sopravvivenza. Pensiamo al pavone che dimostra la superiorità del suo patrimonio genetico attraverso lo splendore delle sue piume. E queste osservazioni non si fermano solo all’aspetto fisico dell’esemplare. In Australia e Papua Nuova Guinea vive l’uccello giardiniere, una specie il cui maschio costruisce nidi elaborati, alti più di due metri, dipinge accuratamente le pareti con pigmenti di bacche masticate e lo decora con oggetti colorati: piume di pappagallini, ali di farfalle, conchiglie, bacche, fiori, pezzi di vetro. Lo scopo di tutto questo impegno è mostrare alla femmina la propria ingegnosità e forma fisica affinché lei lo scelga come compagno per la riproduzione.
Che le interazioni dellessere umano con lambiente siano sia emotive che fisiologiche ormai è una certezza da anni. Ci sono gli esperimenti di risonanza magnetica sullempatia degli spazi, gli esperimenti sui topini che se crescono in ambienti arricchiti invece che spogli aprono gli occhi prima e addirittura hanno il cervello più e meglio sviluppato, e soprattutto gli studi del Professor Rizzolatti sui neuroni specchio. Proprio attraverso questi ultimi noi abbiamo la capacità di rispecchiare, non solo i nostri simili, ma anche tutti gli oggetti e le forme. Questo processo è coinvolto anche nel fare esperienza di un ambiente. Empatizziamo con gli spazi fisiologicamente ed emotivamente. Questo sentire dentro” non è limitato allattività psicologica, ma comporta dei cambiamenti biologici nellequilibrio, nella respirazione e nella circolazione sanguigna (Robert Vischer).

L’importanza dei classici. Chi ha seguito studi di progettazione sa benissimo che si sono sempre fatti esercizi sui prospetti classici. Far ridisegnare opere del passato non è una tecnica di vessazione degli studenti, ma una vera e propria educazione alla bellezza, in quanto esiste una stretta correlazione tra il disegno e il pensiero, tra la mano e la mente. Si tratta di un addestramento alla sensibilità di questi recettori. Ben lo intuivano le famiglie aristocratiche che nel XVII e XVIII secolo facevano intraprendere il Grand Tour ai loro rampolli: un viaggio di formazione attraverso l’Europa (soprattutto in Italia) educativo per “imparare a vivere”, di cui conserviamo molti schizzi e scritti, come quelli di Goethe e Montesquieu.
Completando la progressione storica con cui abbiamo iniziato, è grazie a tutte queste scoperte scientifiche che negli ultimi anni finalmente il concetto di bellezza ha fatto ritorno. Grazie agli studi di fMRI (risonanza magnetica funzionale) che hanno rivelato la base neurologica di ciò che percepiamo come bello”.
La progettazione che prevede bellezza e funzionalità insieme crea salute e rende felici le persone. Come progettisti abbiamo la responsabilità di un ambiente che deve rispettare quelli che sono i parametri millenari di madre natura. Nei colori, nelle forme, che per quanto possano essere innovative devono comunque non creare una schizofrenia ambientale.

Questo articolo è stato scritto per l’AIPAA, Associazione Italiana Psicologia Ambientale e Architettonica e pubblicato nel blog dell'associazione:  

http://www.aipaa.eu/blog/la-percezione-della-bellezza-crea-salute

 

Bibliografia

De Botton, A., Architettura e felicità, Guanda, Parma 2008.
Filighera,T., Micalizzi, A., Psicologia dellabitare. Marketing, Architettura e Neuroscienze per lo sviluppo di nuovi modelli abitativi, Franco Angeli, Milano 2018.
Mallgrave, H. F., L'empatia degli spazi. Architettura e neuroscienze, Raffaello Cortina Editore, Milano 2015.
Neutra, R., Progettare per sopravvivere, Edizioni di Comunità, Milano 1954.
Olivier, M., Psicanalisi della Casa, Red edizioni, Milano 1994.
Wofflin, H., Psicologia dellarchitettura, Etal Edizioni, Milano 2010.
Simposio “La bellezza come valore”, Parma 24 marzo 2007, Atti del Simposio.

 
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