ATTUALITA'


Un’analisi conversazionale del racconto del giallo di Caronia



Rita Erica Fiorvanzo

Ma io credo invece che proprio storie come questa,

a prescindere da chi sarà trovato "colpevole"

ci dovrebbero insegnare ad avere più considerazione per il caso, la fatalità, la coincidenza fortuita,

perché il mistero farà sempre parte della storia umana e la verità non potrà mai esaurirsi nella scienza.

 

Questo agosto, in molti abbiamo seguito, partecipi e commossi, dalle pagine di cronaca la tragica vicenda di Viviana Parisi e del figlio Gioele Mondello, prima scomparsi poi ritrovati morti nei boschi di Caronia.

Vorrei provare ad analizzare i titoli apparsi sul Giornale di Sicilia, che ha seguito accuratamente la vicenda, con le tecniche conversazionali che utilizziamo in Accademia per i testi clinici delle sedute. Tratterò quindi i titoli come se appartenessero a un unico testo svolto in progressione diacronica, ossia come enunciati di un discorso che inizia l’8 agosto con la notizia del ritrovamento del cadavere di Viviana Parisi e giunge fino ad oggi, 25 agosto. Lo scopo della nostra ricerca è di individuare le tecniche comunicative utilizzate dai mezzi di comunicazione che in questo evento, come in altri ugualmente di alta intensità drammatica, tendono a un genere letterario noir, oppure murder mystery oppure legal thriller, oppure horror, piuttosto che non a un resoconto di cronaca giornalistica.          

1. Il racconto

Riporto qui la lista calendarizzata dei 50 titoli che prenderò in esame

8 agosto

  1. È di Viviana Parisi il cadavere trovato a Caronia: si cerca il piccolo Gioele

    9 agosto

  2. I misteri della morte di Viviana, corpo sfigurato sotto un traliccio e i 20 minuti di “buio”

  3. Caronia, notte di ricerche del piccolo Gioele. Il procuratore: «l’autopsia dirà quando è morta la Parisi»

  4. Ore d’ansia per il piccolo Gioele, l’agghiacciante ipotesi: «Era con la mamma, potrebbe averlo ucciso»

  5. Caronia, gli amici del marito di Viviana Parisi: «Non crediamo si sia uccisa»

  6. Il mistero della morte di Viviana, il giallo del percorso dall’autostrada al ritrovamento del cadavere

  7. Caronia, Gioele non si trova. Si indaga anche per omicidio, la famiglia: «Ricerche partite tardi»

    10 agosto

  8. Il mistero di Viviana e Gioele, si allargano le ricerche del bimbo. Il marito: «Non si è suicidata»

    11 agosto

  9. Il mistero di Viviana e Gioele, spunta una telefonata anonima: continuano le ricerche del bimbo

  10. Viviana Parisi, il suocero: «Non ho paura che Daniele venga coinvolto nelle indagini»

  11. L’autopsia su Viviana: «Omicidio o suicidio? Non escludiamo nulla». Gioele non si trova

    12 agosto

  12. Proseguono le ricerche di Gioele: controlli anche nei pozzi e nei casolari

  13. Omicidio o suicidio? Tutte le ipotesi dopo l’autopsia di Viviana Parisi

  14. Gioele non si trova, per Viviana si fa strada l’ipotesi del suicidio: «Ferite per una caduta dall’alto»

    13 agosto

  15. Il marito di Viviana: «Non voglio pensare che si sia uccisa. Gioele la mia vita, chi ha visto parli»

  16. Viviana e il giallo dei testimoni: «Dicano cosa hanno visto quel giorno, perché questo silenzio?»

    14 agosto

  17. Caronia, proseguono le ricerche di Gioele: al via il decespugliamento per agevolare le ricerche

  18. Continuano le ricerche di Gioele, il disperato appello del papà: «Lo amo, aiutatemi a trovarlo»

  19. Caronia, la disperazione del papà di Gioele: «Lo amo e lo voglio trovare»

  20. Ansia per Gioele, la zia contatta una sensitiva: «ll bimbo è vicino alla madre»

    15 agosto

  21. Gioele, ancora ricerche: le ipotesi degli investigatori sulla scomparsa

    16 agosto

  22. Viviana e Gioele, l’ultima ipotesi: aggrediti da due cani, i morsi sulle gambe della dj

  23. Gioele non si trova, nuova ipotesi al vaglio

    18 agosto

  24. Viviana e Gioele, il pm: «Al vaglio i tabulati telefonici, anche l’esercito a Caronia»

  25. Viviana e Gioele, inviato di Chi l’ha visto? trova un pezzo del seggiolino vicino al traliccio

    19 agosto

  26. Caronia, 200 volontari alla ricerca di Gioele insieme al papà: «Viviana non lo avrebbe mai ucciso»

  27. Gioele, la conferma del pm: «Il corpo ritrovato è compatibile con l’età del bambino». Ora l’autopsia

  28. Gioele, i soccorritori raccontano l’orrore: «Resti in più punti, corpo smembrato dagli animali»

  29. Gioele, il corpo trovato da un volontario: «Cercato dove nessuno l’aveva fatto»

  30. Gioele, lo strazio del padre davanti alla bara del figlio; scene di disperazione a Caronia

  31. Gioele, il vigile che ha coordinato le ricerche si difende: «Abbiamo cercato con intensità»

    20 agosto

  32. Caronia, il dramma del padre di Gioele che ora attacca: «Mio figlio trovato in 5 ore, dubbi sulle ricerche»

  33. Caronia, il padre di Gioele chiamato a riconoscere i vestiti. Il procuratore: «Conosciamo il tragitto fatto da Viviana e dal bimbo»

  34. Viviana e Gioele, il procuratore: «Morti nello stesso posto, i resti del bimbo trascinati dagli animali»

  35. Viviana e Gioele, i vigili del fuoco si difendono: «Da noi impegno senza sosta»

  36. Viviana e Gioele, si segue la pista dell’omicidio-suicidio. Esperti in Sicilia

  37. Gioele, il padre riconosce le scarpette: «Ricerche un fallimento». Indagine sulle condizioni psichiche di Viviana

    21 agosto

  38. Il giallo di Caronia: «Viviana aveva già tentato il suicidio». Ma il marito è certo: «Non si è uccisa e non ha ucciso Gioele»

  39. Viviana e Gioele, la ricostruzione della famiglia: nel traliccio a Caronia la chiave del giallo

  40. Tentativo di suicidio di Viviana Parisi? La cognata: «A giugno ingerì 5-6 pillole». I legali: «Non voleva uccidersi»

    22 agosto

  41. Il giallo di Caronia, sotto esame gli indumenti di Viviana Parisi: fratture compatibili con la caduta dal traliccio

  42. Viviana e Gioele, una task force all’opera sui possibili tragitti e sulla fauna a Caronia

    23 agosto

  43. Giallo di Caronia, le due ipotesi sulla morte di Viviana e Gioele

    24 agosto

  44. «Scappata nel bosco per nascondermi dal mondo»: il post-profezia di Viviana Parisi, si studia la sua pagina fb

  45. Viviana e Gioele, i legali della famiglia all’attacco: esposto per presunte omissioni e ritardi nelle ricerche

  46. Caronia, i legali della famiglia: «Se Viviana fosse stata trovata prima, Gioele poteva essere vivo»

    25 agosto

  47. Viviana e Gioele, le attenzioni si spostano sull’auto: si cercano tracce genetiche

  48. Nuova fase di indagini a Caronia, lo sfogo del padre di Viviana: «Ricerche molto superficiali»

  49. Team di esperti a Caronia e domani l’autopsia sul corpo di Gioele: «La verità grazie alla scienza»

  50. Caronia, gli avvocati: da oggi inizia a lavorare la macchina della scienza.

 

2. I protagonisti del racconto

Cominciamo l’analisi conversazionale dai personaggi protagonisti di questa trama. Nelle nostre tecniche conversazionali il protagonista è il/i sostantivo/i o il pronome che occupa grammaticalmente un posto di rilevanza, normalmente le prime o le terze persone grammaticali del verbo.  Nei 18 giorni del racconto fatto dal Giornale di Sicilia, i titoli prodotti sono stati 50. Abbiamo voluto analizzare quante volte vengono citati e con quali denotazioni i personaggi principali di questa storia.

2.1. La madre, Viviana Parisi

  1. Viviana Parisi, la donna scomparsa e ritrovata morta l’8 agosto appare nominata in tutto 35 volte. In percentuale la frequenza lessicale delle forme che nominano Viviana Parisi è del 4,4% (35 frequenze su 792 parole totali). I modi in cui viene denotata sono i seguenti:

  2. 7 volte citata con nome cognome “Viviana Parisi”

  3. 24 volte solo come “Viviana”

  4. 1 volta come “la Parisi” (dal pm)

  5. 1 volta come “la mamma”

  6. 1 volta come “la madre”

  7. 1 volta come “la dj”

Molto interessante è l’andamento diacronico di queste denotazioni.

La connotazione “Viviana Parisi” appare all’inizio del racconto del Giornale, ossia dall’8 fino al 12 agosto, successivamente, dal 12 fino al 21 viene chiamata esclusivamente “Viviana” ma dal 21 al 25 agosto nuovamente riappare citata come “Viviana Parisi”.

La denotazione della donna con il solo nome di battesimo “Viviana”, è presente fin dall’inizio del racconto e si alterna continuativamente alla denotazione con nome e cognome ma con una significativa diminuzione dal 21 agosto in poi.

È interessante collegare questi passaggi ai momenti cruciali della vicenda: l’8 viene data notizia del ritrovamento del cadavere della donna e il 19, confermata il 20, quella del ritrovamento dei resti attribuiti al figlio Gioele. Sembrerebbe quindi che nei giorni successivi al ritrovamento del cadavere della donna il racconto giornalistico privilegi in un primo tempo una rappresentazione più formale e “ufficiale” della protagonista, quella che prevede nome e cognome, mentre in tutto il periodo temporale dove il racconto è concentrato sulla ricerca di Gioele, la donna viene chiamata semplicemente “Viviana”, producendo così, attraverso il ricorso al nome di battesimo, un effetto di familiarizzazione e avvicinamento emotivo alla protagonista da parte dei lettori. Accade però che, dal momento del ritrovamento dei resti di Gioele e del corroborarsi delle ipotesi di omicidio-suicidio ricompaia la forma “nome cognome”, con il conseguente effetto di distanziamento emotivo e ritiro dell’identificazione affettiva precedente. Ci sembra quindi che il racconto giornalistico presenti ai lettori la figura di questa protagonista nella forma di tre disidentità : la donna-cadavere la cui morte è avvolta nel mistero, da osservare con distacco e un po’ di sospetto (“Viviana Parisi”); la madre-morta il cui figlio di 4 anni viene affannosamente ricercato nei boschi di Caronia da percepire con vicinanza emotiva e  compassionevole empatia (“Viviana”), e la madre-omicida-suicida su cui, dal momento del ritrovamento dei resti di Gioele, scende l’ombra lunga del sospetto criminale,  da guardare con sguardo giudicante e accusatore (nuovamente “Viviana Parisi”).

I termini “mamma” e “madre” appaiono solo prima del ritrovamento dei resti di Gioele ma in contesti narrativi sfavorevoli:  il primo collegato alla “agghiacciante ipotesi” che “potrebbe averlo ucciso” e la seconda nelle parole della sensitiva che invita a cercare Gioele “vicino alla madre”. In entrambe i casi il richiamo al ruolo materno citato in corrispondenza al sospetto criminale crea l’effetto di un ossimoro[1] straniante dato che il senso comune associa al termine “mamma” e “madre” immagini di protezione e affetto. L’uso narrativo dell’ossimoro serve solitamente ad attirare l’attenzione del lettore ma anche a indicare una realtà “non concepibile”, per la quale non ci sono parole adatte, come può appunto essere una madre infanticida.

La denotazione della donna attraverso la sua professione, “la dj”, che compare un’unica volta il 16 agosto, ha anch’essa una notevole forza narrativa, dato che viene utilizzata nel descrivere le gambe del suo cadavere lacerate da morsi di presunti cani. Un quadro che inserisce anche del noir fra i molti generi letterari utilizzati in questo racconto, come analizzeremo nel successivo capitolo. La giustapposizione di gambe nude sbranate da morsi di animali all’immagine più volte fatta circolare nei telegiornali e sul web di Viviana in attività di dj molto truccata e succintamente vestita, crea (non sappiamo quanto volutamente da pare del giornalista) un effetto di morbosità voyeuristica consono appunto più a un genere noir che a un resoconto di cronaca giornalistica.

2.2. Il bambino, Gioele

  1. E veniamo ora a Gioele. Il bambino viene nominato 46 volte nei 48 titoli presi in esame con un indice di frequenza lessicale del 4,5%.

  2. 36 volte come Gioele

  3. 3 volte come “il piccolo Gioele”

  4. 2 volte come “figlio” (riferito al rapporto col padre)

  5. 1 volta come “bambino”

  6. 5 volte come “bimbo”

La formula retorica epiteto+nome: “il piccolo Gioele” appare solo nei primi due giorni del racconto, l’8 e il 9 agosto, nel pieno delle sue ricerche dopo il ritrovamento del corpo della madre. Questa formula retorica ha delle caratteristiche ambigue, da una parte è alienante perché produce l’effetto trasformativo di una persona reale in personaggio, o meglio ancora in un flat character[2] . Il termine “piccolo Gioele” rimanda infatti al paradigma narrativo della fabula e lo trasforma in un personaggio finzionale, un novello Haensel (letteralmente “il piccolo Giovanni”) smarritosi nel pericoloso bosco. Il termine “piccolo” suscita però anche attenzione, affetto, istinto di protezione e porta quindi il lettore a identificarsi e empatizzare con la vicenda.

Man mano che i giorni proseguono e le possibilità di ritrovare Gioele vivo diminuiscono, fino al giorno del rinvenimento dei suoi resti, l’epiteto “il piccolo” scompare e resta solo il nome di battesimo del bambino, forse a preparare la mente dei lettori all’arrivo della prevedibile cattiva notizia finale o a rendere più personale e meno stereotipata la sua figura .

I termini “bambino” e “bimbo” appaiono 2 volte il 10 agosto, in concomitanza con le notizie di insuccesso delle ricerche, poi 1 volta nelle parole virgolettate della sensitiva consultata dalla zia e infine 3 volte in corrispondenza al ritrovamento dei suoi resti.

Parrebbe quindi che l’effetto di affiliazione affettiva creato dal continuo ricorso al nome di battesimo nei titoli del Giornale di Sicilia, finché sono state attive le ricerche nella boscaglia di Caronia, lasci spazio alla genericità del suo nome sortale[3] “bambino”, “bimbo” quando di Gioele si ritrovano solo resti dilaniati. L’uso del termine “bambino”, “bimbo” proprio mentre se ne descrivono i resti sbranati e irriconoscibili, amplifica l’effetto di raccapricciante orrore con il rinnovato ricorso a forme ossimoriche: il termine bimbo è nella coscienza comune collegato a immagini di tenerezza, gradevolezza, gioia; legarlo a resti divorati da animali selvatici produce un effetto di  straniamento[4], di Verfremdung  (l’alienazione spesso rappresentata da Bertolt Brecht). Sappiamo che un effetto straniante del genere è molto frequente nei soccorritori quando devono recuperare corpi gravemente amputati o deformati, che producono l’esperienza percettiva unheimlich[5] di non avere più sembianze umane[6]. Significativo anche l’uso del termine “bimbo” nelle parole della Sensitiva «Il bimbo è vicino alla madre», quasi ad indicare un assioma, una condizione strutturale della tragedia a cui il lettore sta assistendo, un fato avverso, una nemesi, che vede accumunati i “bimbi” alle “madri”.

2.3. Il padre, Daniele Mondello

  1. Ed ecco come appare nel racconto il personaggio di Daniele Mondello, padre di Gioele, marito di Viviana, nominato 12 volte nei 48 titoli del racconto, con una frequenza lessicale del 1,5%:

  2. 1 volta come “Daniele” (da parte del suocero)

  3. 3 volte come “il papà”

  4. 2 volte come “il padre”

  5. 2 volte come “il padre di Gioele”

  6. 1 volta come “il marito di Viviana Parisi”

  7. 1 volta come “il marito di Viviana”

  8. 2 volte come “il marito”

La scelta delle denominazioni è particolarmente accurata: il termine “marito” viene utilizzato nelle 4 volte in cui egli afferma di non credere all’ipotesi del suicidio della moglie né alla tesi dell’omicidio-suicidio (3 volte prima del ritrovamento del cadavere di Viviana e 1 volta successivamente). Le 4 volte in cui è denotato con il termine di “padre” corrispondono ai titoli del 19 e 20 agosto in cui si annuncia il ritrovamento dei resti di Gioele e se ne descrive lo strazio emotivo e la rabbia verso l’organizzazione delle ricerche, a sottolineare drammaticamente il suo legame con Gioele. Singolare invece il fatto che dopo il ritrovamento del corpo di Viviana non sia accaduto altrettanto nella descrizione giornalistica e Daniele sia stato connotato come “marito” una sola volta e lei mai stata citata come “moglie”. Quasi a lasciare uno spazio vuoto, colmabile solo dalle fantasie del lettore, sulla relazione fra i due.

Le 3 volte che Daniele Mondello viene definito “il papà” corrispondono, in due casi, al suo disperato appello a ritrovare il figlio, corroborato dall’esclamazione “Lo amo” e in un caso al suo essersi messo egli stesso alla ricerca di Gioele insieme a 200 volontari da lui chiamati a raccolta attraverso la sua pagina facebook, decisione che si rivelerà poi determinante per il ritrovamento di Gioele. Il termine molto familiare e affettuoso “papà” va quindi a rinforzare narrativamente la rappresentazione del forte legame affettivo fra i due ma anche della responsabilità genitoriale di Daniele, in un certo senso in antitesi alla rappresentazione di una madre che o l’ha ucciso o l’ha perso e abbandonato nei boschi per poi suicidarsi.

2.4. I personaggi secondari

  1. Veniamo infine agli altri personaggi secondari del racconto:

  2. “il procuratore/pm”: citato 5 volte, 3 come procuratore, 2 come “pm”, in corrispondenza della scoperta del cadavere di Viviana Parisi che chiamerà “la Parisi”, il giorno prima del ritrovamento ad annunciare indagini sui tabulati telefonici e il 19 agosto, giorno del ritrovamento di Gioele a dichiarare la compatibilità dei resti trovati con quelli di un “bambino”. I connotati linguistici che lo accompagnano sono indicatori di distanza, oggettività, formalità poliziesca;

  3. “gli amici del marito”: compaiono 1 volta, citati a ritenere infondata l’ipotesi del suicidio di Viviana;

  4. “la famiglia”: citata 2 volte, ad accusare i ritardi nelle ricerche e a suggerire che il traliccio sia la chiave del ‘giallo’;

  5. “il suocero”: citato 1 volta, prende le difese di Daniele;

  6. “i testimoni”: nominati 1 volta per il loro sospetto non palesarsi;

  7. “la zia”: citata 1 volta in quanto ha contattato “la sensitiva”;

  8. “due cani” accusati dei morsi trovati sulle gambe di Viviana e forse addirittura della morte della donna e del figlio Gioele;

  9. “l’esercito”: citato 1 volta a dar manforte alle ricerche;

  10. “L’inviato di Chi l’ha visto?”: citato 1 volta perché trova un pezzetto del seggiolino sulla scena del crimine (che si rivelerà non pertinente);

  11. “i 200 volontari”: citati 1 volta il giorno del ritrovamento;

  12. “i soccorritori”: citati 1 volta a proposito dell’ “orrore” del ritrovamento;

  13. “un volontario”: citato 1 volta, è colui che ha trovato i resti di Gioele;

  14. “il vigile”: citato 1 volta difende l’organizzazione delle ricerche;

  15. “I vigili del fuoco”: chiamati in causa 1 volta e difendere il loro operato;

  16. “gli animali”: nominati 1 volta con l’accusa di aver sparpagliato i resti di Gioele nella boscaglia;

  17. “la cognata”: citata 1 volta a rivelare che Viviana aveva già tentato il suicidio;

  18. “i legali”/”gli avvocati”: nominati 4 volte negli ultimi due giorni (2 volte con la precisazione “i legali della famiglia”) a denunciare ritardi e omissioni nelle ricerche;

  19. “il team di esperti”, citati 1 volta l’ultimo giorno per l’annuncio di nuove perlustrazioni.

Raggruppando in cluster semantici questi personaggi secondari, possiamo dire che 8 di loro appartengono alla trama investigativa (Il procuratore, i testimoni, l’esercito, l’inviato, il vigile, i vigili del fuoco, i legali, il team di esperti); 5 appartengono all’ambito familiare dei protagonisti (gli amici del marito, la famiglia, il suocero, la zia, la cognata); altri 3 all’azione di ricerca e ritrovamento (i 200 volontari; i soccorritori; un volontario) e infine 2 al mondo non-umano che dall’inizio si contende col mondo umano la colpa dell’accaduto (due cani, gli animali).

2.5. Caronia

In questa narrazione è presente fin dall’inizio un altro protagonista molto particolare, dato che non si tratta di un essere vivente ma di un luogo geografico: “Caronia”. Il nome del paese viene citato 20 volte dall’8 al 25 agosto (con una frequenza lessicale del 2,5%) e per ben 10 volte è addirittura la prima parola del titolo. Caronia e i suoi boschi costituiscono non solo il topos della vicenda, ma ne definiscono molto più profondamente la chora[7]. L’opposizione topos/chora, molto considerata nel dibattito geografico attuale, risale originariamente al Timeo di Platone, a definire il rapporto che intercorre tra la dimensione meramente fisica dello spazio (il topos) e la sua identità culturale (la chora), la sua dimensione immateriale e narrativa (il genius loci). Anche Tolomeo distingueva già una scienza geografica puramente fisica dalla “corografia”, che analizza i paesaggi nei loro aspetti storici, antropologici e sentimentali. La chora platonica sarà poi ripresa da Martin Heidegger nel concetto di Stelle (posto) contrapposto a quello di Ort (luogo) [8]. Il luogo ha infatti una sua dimensione materiale, fisica, commerciabile ma ne ha anche una profondamente immateriale, qualitativa e incommensurabile, ed è questa a renderlo significativo per l’uomo e la sua cultura.

La vicenda di Caronia ha mostrato a tutti quanto infruttuosa e rischiosa sia la riduzione del territorio reale alla sua mappa, la geometrizzazione cartografica dello spazio, la riduzione delle differenze in misure quantitative che tanto caratterizzano la nostra modernità e di cui andiamo arrogantemente troppo fieri. L’errore compiuto dalle autorità a Caronia è stato quello di considerarla come topos e non come chora: tutti ricordiamo, nei concitati 16 giorni di ricerche, prima di madre e figlio, poi del solo Gioele, le cartine di quel tratto di territorio mostrate da centinaia di telecamere, il terreno fotografato dai droni, i computer dei vigili del fuoco dotati di nuovissimi software in grado di registrare le quote di territorio già ‘setacciato’ dalla ricerca e quelle ancora da ispezionare. E ricordiamo che tutto ciò fu penosamente infruttuoso finché un singolo uomo, un carabiniere in pensione unitosi ai volontari il 19 agosto, in 3 ore di ricerca, da solo, trovò i resti del bambino a poche centinaia di metri dall’autostrada.  La differenza la fece proprio il fatto che quell’uomo si incamminò alla ricerca di Gioele, non nel topos di Caronia ma nella chora di Caronia: da esperto cercatore di funghi, partì da casa alle 4 del mattino, con guanti e falcetto, per affrontare un bosco animato, un bosco che tante volte gli aveva parlato, coi suoi suoni, i suoi odori, i suoi segreti. Quell’uomo era partito a “trovare” Gioele, non a “cercare” Gioele, a strapparlo al bosco di Caronia che lo tratteneva. Quando, poche ore dopo il ritrovamento, rispose a un giornalista «L’ho trovato dove gli altri non lo hanno cercato», non era un’accusa che egli esprimeva, ma un vero dato di fatto: gli altri, in centinaia, con droni, strumenti elettronici, GPS, cani molecolari avevano cercato in un topos, in luogo fisico, in uno spazio quantificato e inanimato; solo lui l’aveva cercato nel bosco reale, aveva dialogato col bosco, si era immedesimato nel bosco, aveva ascoltato la narrazione di quel bosco. In un’altra intervista di quel giorno disse: «Io amo la montagna»: egli è entrato nello spazio invisibile ai droni e ai GPS della chora di quel bosco e i luoghi hanno narrato a lui che sapeva ascoltare, la tragica storia del rapporto fra quel bosco e quel bambino e il bosco gli ha fatto trovare Gioele, forse dovremmo dire meglio, la chora di quel bosco gli ha consegnato Gioele.

 

3. I Motivi Narrativi del racconto

Un altro elemento di grande interesse nella narrazione giornalistica di questo caso è lo sviluppo dei motivi narrativi[9] contenuti nei titoli. Proveremo a elencarli nella successione temporale in cui appaiono.

  1. I misteri del cadavere ritrovato

  2. Le ricerche di un bambino che non si trova

  3. Il dubbio su Viviana: si è uccisa o non si è uccisa?

  4. L’omertà dei testimoni

  5. La ricerca del colpevole: la madre, gli animali, il bosco, uno sconosciuto?

  6. Tutti lo cercano ma nessuno lo trova

  7. Il giallo diventa horror

  8. Trovato dove nessuno lo cercava

  9. La colpa è dei soccorsi

  10. La malattia mentale della madre

  11. La verità appartiene alla scienza

I motivi narrativi del racconto tracciano un interessante sviluppo dei generi narrativi utilizzati dal Giornale di Sicilia. Il racconto parte l’8 agosto con lo stile di un Murder Mistery (il ritrovamento del cadavere di Viviana Parisi), poi prosegue dall’8 al 19 agosto nei toni di una Detective Story (la ricerca di che cosa è accaduto in quei boschi a Viviana e a Gioele), ma dal 19 agosto, giorno del ritrovamento dei resti smembrati di Gioele si aggiungono i toni del genere Horror finanche nella sua più recente versione splatter. Dal 21 agosto la narrativa devia improvvisamente verso il genere Romanzo Psicologico, aggiungendo informazioni sui disturbi mentali di Viviana, i tentati suicidi, le esternazioni emotive su Facebook. Solo dal 24 agosto si fa strada un ulteriore traccia stilistica: la Narrativa di Inchiesta, dove il focus si sposta sulle omissioni e errori delle autorità preposte alla ricerca di Viviana e Gioele. Solo l’ultimo titolo del periodo 8-25 agosto che abbiamo analizzato fa intravvedere uno sviluppo narrativo del tutto nuovo: “La verità grazie alla scienza” è infatti un enunciato che può indirizzare il racconto o verso il genere Saggistica Scientifica o verso il Medical Legal Thriller, dato che la scienza portatrice di verità a cui si fa riferimento è quella autoptica.

In ogni caso il détour dei generi in un così breve spazio temporale è davvero rimarchevole e accompagna un percorso che ben conosciamo nei pazienti affetti da trauma: all’iniziale fase di stupore e incredulità che vuole soprattutto comprendere il “che cosa è accaduto” e il “perché è accaduto”, qui denotata dall’iniziale stile investigativo e poliziesco che vuole dare risposte al mistero, segue la necessità di trovare a chi attribuire la causa-colpa-responsabilità dell’accaduto. È una fase che impegna per molto tempo le conversazioni con i pazienti traumatizzati perché spesso ritengono che solo nel poter trovare il responsabile degli eventi, potranno darsi pace e superare il dolore. Purtroppo non è così, nel senso che la ricerca di un “colpevole”, anche a fronte di incidenti del tutto casuali e immotivati, rappresenta in realtà il disperato tentativo di riprendere controllo su un mondo che improvvisamente è diventato incontrollabile, imprevedibile, mortalmente pericoloso[10]. Tale bisogno di controllo è talmente necessario che molte vittime di trauma arrivano ad autoaccusarsi ingiustamente di quanto è accaduto, pur di non sprofondare nell’incertezza e nell’indeterminatezza del caso e di un Dio che “giochi a dadi col mondo”[11]. Nella storia che abbiamo analizzato il motivo narrativo della ricerca di un colpevole diventa prevalente dal giorno del ritrovamento dei resti di Gioele e copre un ventaglio di ipotesi veramente ampio: l’incidente in autostrada da cui tutto inizia, uno sconosciuto omicida, i cani, gli animali selvatici del bosco, la follia della madre, l’inettitudine dei soccorsi.

La caratteristica di questo racconto è di avere un preciso sviluppo diacronico che va dal mistero alla “verità della scienza”, dall’accidentalità del fato alla prevedibilità necessitante, dall’imponderabile al premeditato. Il vettore della storia porta da fattori esterni (l’incidente, il bosco, la fauna selvatica) a fattori interni (la depressione, la psicosi, il delirio mistico della madre, l’inettitudine delle autorità) seguendo in ciò la tendenza psicologistica della nostra epoca che, nel bene o nel male, deve far dipendere tutto dalla psiche umana, deve espungere il fato, la fatalità, deve rassicurarci tutti che “a noi non potrà accadere” perché non siamo folli, guidiamo con attenzione, allacciamo i bambini ai seggiolini di scurezza, se abbiamo problemi chiamiamo il soccorso stradale indossando i gilet catarifrangenti d’ordinanza invece di inoltrarci in boschi sconosciuti. Ma io credo invece che proprio storie come questa, a prescindere da chi sarà trovato “colpevole” ci dovrebbero insegnare ad avere più considerazione per il caso, la fatalità, la coincidenza fortuita, perché il mistero farà sempre parte della storia umana e la verità non potrà mai esaurirsi nella scienza.

 

 

 

[1] Figura retorica che consiste nell’accostamento di due termini in forte antitesi fra loro.

[2] E.M.Forster, Aspetti del romanzo, tr.it. a cura di Corrado Pavolini, Garzanti, Milano 2016, distingue i personaggi delle storie in round e flat characters, a indicare, i primi, i personaggi complessi, sfaccettati, imprevedibili, i secondi, le figure stereotipate, standardizzate, prevedibili e privi di spessore psicologico.

[3] Si definisce “nome sortale” il nome comune riferito a una classe di entità piuttosto che a un preciso singolo individuo (“nome proprio”). Moltmann, F., Abstract objects in the semantics of natural language, Oxford University Press, Oxford 2013, li definisce anche “Reifying terms” (lessemi reificatori), cioè “costruzioni di nomi leggeri”.

[4] Il termine fu coniato dallo scrittore e critico letterario russo Viktor Šklovskij che così lo definiva: «non avvicinamento del significato alla nostra comprensione, ma la creazione di una speciale percezione dell'oggetto, a creazione di una “visione” di esso, non “riconoscimento”».

[5] Das Unheimliche è un aggettivo sostantivato della lingua tedesca, utilizzato da Sigmund Freud per esprimere una particolare paura, che si sviluppa quando una cosa (o una persona, un'impressione, un fatto o una situazione) viene avvertita come familiare ed estranea allo stesso tempo producendo angoscia unita alla sensazione di confusione ed estraneità.

[6] Un soccorritore che ebbi in terapia mi confidò che quando riceveva una chiamata per persone che si erano suicidate gettandosi sotto un treno o da un ponte pregava sempre che fossero «ancora abbastanza intere o del tutto a pezzetti in maniera da non assomigliare più a niente» perché, aggiungeva, «il peggio è quando sono a pezzi ma ancora riesci a capire che quei pezzi erano appartenuti a un corpo umano».

[7] Giorgio Mangani articola con grande ampiezza la dualità topos/chora nel testo Intercettare la chora. Luogo e spazio nel dibattito geografico degli ultimi trent’anni, pubblicato in E. Casti, a cura di, Cartografia e progettazione: dalle carte coloniali alle carte di piano, Torino, Utet 2007.

[8] Martin Heidegger, Sein und Zeit [1927], traduzione a cura di A. Marini, Essere e tempo, Mondadori, Milano 2006.

[9] Il “motivo narrativo” è uno dei dispositivi tecnici fondamentali del Conversazionalismo di Giampaolo Lai. Si tratta di quelle unità minime di senso che sono contenute in una frase o nel susseguirsi di più frasi o anche in una sola parola. Nel definirli il Conversazionalista può rappresentarli con qualcosa di esterno al testo medesimo che li ha generati, come un mito, una brano della letteratura, un quadro. Cfr Giampaolo Lai, Conversazionalismo, Bollati-Boringhieri, Torino 1993 e La conversazione immateriale, Bollati-Boringhieri, Torino 1995.

[10] Questo meccanismo psicotraumatico viene approfondito in R.E.Fioravanzo, Trauma: malattia o rivelazione? in «Tecniche delle Conversazioni. Il Trauma, l’oggetto, la parola», Anno 2, N.2, ottobre 2017, Aracne Editrice.

[11] In una lettera a Max Born, Albert Einstein scriveva: «Tu ritieni che Dio giochi a dadi col mondo; io credo invece che tutto ubbidisca a una legge».





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