ATTUALITA'


Depsicologizzazione della leadership

Pierrette Lavanchy





Depsicologizzazione della leadership
 
Pierrette Lavanchy
 
 
Una vignetta dell’ultimo numero di The Economist, del 5 gennaio 2013, sullo sfondo di una bandiera tricolore mostra le silhouettes di Monti e Berlusconi che si prendono a cazzotti da una parte mentre dall’altra Bersani con la giacca in spalle se la ride. L’articolo sottostante alla vignetta cerca di dare una visione dell’attuale situazione politica italiana e delle sue evoluzioni prossimi future dopo le elezioni. Dopo mesi nei quali sia i media, sia i mercati erano stati mesmerizzati dalle vacillazioni di Berlusconi, ora a ridosso del fine settimana l’attenzione si è spostata su Mario Monti, il suo successore come primo ministro. Il quale Monti, prosegue The Economist, in una danza dei sette veli, in modi a volte scherzosi ha finalmente svelato le sue intenzioni. Per prima cosa, ha annunciato che era pronto a servire nuovamente come primo ministro dopo le elezioni. Poi ha lanciato una “agenda Monti”. Infine ha intessuto colloqui con un insieme di gruppi diciamo di centro destra. Sembrava poi che questi gruppi avrebbero formato un’alleanza per le elezioni al Senato, mentre avrebbero corso ciascuno in nome proprio per la Camera dei Deputati. Decisione che aveva portato alla perdita del super-ministro del governo Monti, Corrado Passera. Per aggiungere confusione nella mente dei potenziali votanti, Monti si sarebbe tenuto fuori dalle elezioni, ma non dalla campagna elettorale. Secondo The Economist, una simile partenza non sembra essere la più promettente. Tuttavia, stando alle proiezioni , l’insieme di gruppi riuniti intorno a Monti avrebbe dato un 20% di voti. Valutazione che sembrerebbe piuttosto ottimista. Dall’altra parte dello schieramento, quello del centro-sinistra di Pier Luigi Bersani è invece accreditato del 33%, con in più il 6% del SEL di Nichi Vendola. Una vittoria netta del centro sinistra sarebbe benvenuta per i mercati, assicura The Economist. Il quale però non prende in considerazione i voti del Movimento 5 Stelle di Beppe Grippo, né, in verità, gli elettori di Berlusconi. Comunque, i vantaggi che gli analisti di The Economist si aspettano dalle prossime elezioni, e dallo sparigliamento delle carte in parte indotto da Mario Monti, sta in un ringiovanimento molto atteso proprio all’interno del Partito Democratico di Bersani, che dovrebbe aiutare a erodere le divisioni interne del partito stesso.
 
La disamina delle prossime elezioni in Italia non prende tuttavia in considerazione un aspetto per noi molto interessante, legato alla novità, se non unicità, del fenomeno della leadership propria di Monti. Dalle ricerche più accreditate sulla leadership, sembra che la potenza di un leader sia una funzione delle sue capacità di intercettare la voce altrimenti silente degli elettori. In altri termini, gli elettori riconoscono come leader una persona che li rappresenti, una persona cioè che ai loro occhi indichi loro una strada, con le sue capacità intellettive, e pure che li trascini o spinga per quella strada, con le sue capacità emotive e di passione. Ma se il leader, come è il caso di Monti, si presenta non come primariamente una persona, bensì come il garante di un’agenda, l’agenda Monti, non sottrae ai possibili votanti il criterio che ha da sempre orientato i votanti a scegliere il proprio leader? Ora, senza voler qui valutare se comporti un vantaggio o uno svantaggio, in senso logico e etico, questo cambiamento di criterio per la leadership, interessa comunque scommettere se la sostituzione di una persona con un’agenda favorisce o riduce il numero dei votanti. I risultati delle elezioni tra poco meno di due mesi potranno forse dare una risposta a questa questione.
 





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