ATTUALITA'


Energia illimitata dalle foglie

Una sintesi di Giampaolo Lai





Energia illimitata dalle foglie
 
I fotoni che provengono dal sole, con l’intermediazione di sostanze chimiche che si trovano nelle foglie, staccano gli elettroni dall’acqua, rompendoli in molecole di ossigeno e nuclei di idrogeno. La pianta scarta l’ossigeno, creando come sottoprodotto, per sé, quella parte dell’atmosfera che è la più importante per noi, e combina l’idrogeno con l’ossido di carbonio dell’atmosfera, per produrre cellulosa, il materiale dal quale la pianta costruisce la sua struttura, e amidi, che sono i carboidrati con i quali ci nutriamo mangiando la pianta, e che costituiscono il carburante, la benzina, l’energia per la pianta stessa. Ecco, in parole inadeguate, la fotosintesi delle foglie. Il problema è che si tratta di un processo poco efficiente, nel senso che viene convertito soltanto l’1% dell’energia fotonica che cade sulle foglie, mentre la luce del sole, l’energia dei fotoni che colpisce la terra durante un’ora, equivale alla totalità dell’energia che gli uomini usano in un anno. Insomma, dicono gli scienziati, copiando ciò che accade nella fotosintesi delle foglie, potremmo soddisfare i nostri bisogni energetici di un anno, scindono poco più di un terzo dell’acqua di una piscina dello MIT. Per rendere praticabile l’intuizione dei ricercatori, tra i quali in primo piano Daniel Nocera, del MIT appunto, è necessario che l’elettrolisi dell’acqua abbia ragione dell’ottusità dell’acqua che vi si oppone. Occorre aumentare il voltaggio oppure utilizzare catalizzatori che allentino preliminarmente i legami delle molecole. E tutto ciò ha dei costi. Mentre in natura il catalizzatore è la foglia, che non spende niente. Per migliorare i catalizzatori della reazione di scissione dell’acqua, sono stati utilizzati l’iridio e il rodio, molto costosi, e infine il cobalto. Il cobalto, dissolto in qualche modo, e i fosfati che sono nei paraggi hanno fornito un catalizzatore non solo a basso costo, ma che, imitando la natura delle foglie, riutilizza sé stesso, dopo essersi degradato, praticamente all’infinito. E questo sarebbe un risultato non solo pratico, ma anche carico di suggestioni e interrogativi filosofici della ricerca. Naturalmente su queste ricerche, che avranno successo in una trentina d’anni, mettendo a disposizione una riserva di energia illimitata, si sono puntati gli occhi non solo delle industrie civili, ma anche di quelle belliche, per applicarle ciascuna nel proprio interesse in campi differenti. Ma questo è un altro discorso, che faremo la prossima settimana.

(Dal New Yorker del 14 maggio 2012, The Artificial Leaf, di David Owen)





Versione stampabile

Torna